FRIEDMAN, DAVID – L’Ingranaggio Della Liberta’

 16,50

Guida a un capitalismo radicale (2° edizione)

Dal figlio di Milton Friedman la versione utilitarista dell’anarco-capitalismo

Edizioni: Liberilibri   Anno: 1997   pag. 367

COD: 018-61 Categoria:

Descrizione

Muovendo da questa elementare constatazione, David Friedman avvia un’analisi concreta dei vari settori del vivere associato in cui, con vantaggio di tutti, sarebbe possibile riappropriarsi degli spazi di autonomia confiscati dalle cricche di politici, legislatori e burocrati che costituiscono le mille membra del Moloch statale. Scuola, sanità, previdenza, giustizia, sistema viario, sicurezza, tutela ambientale, mass media e tanti altri servizi vengono riprogettati da Friedman sulla base di principi non coercitivi, dimostrando come lo Stato sia la negazione di efficienza e giustizia, le quali non nascono da obblighi, divieti, costrizioni, ma dalla cooperazione di individui liberi e consenzienti.
Il senso di questo libro – come dice lo stesso Autore – è quello di «persuadere la gente che una società potrebbe essere sia libera che desiderabile, che le istituzioni della proprietà privata costituiscono il meccanismo della libertà, rendendo possibile ad ognuno, in un mondo interdipendente e complesso, di raggiungere il proprio scopo».
Utopia o lungimirante realismo? Molte delle “scandalose” proposte avanzate in questo libro sono già una realtà in vari paesi del mondo libero.

1 recensione per FRIEDMAN, DAVID – L’Ingranaggio Della Liberta’

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Carlo Zucchi

    Grazie a Liberilibri, è possibile leggere anche in italiano David Friedman, figlio del celeberrimo Milton, profeta della Reaganomics e della Supplly Side. Libertario anarco-capitalista, arrivò persino a dare del socialista a suo padre Milton, pur condividendo con lui un approccio in certo qual modo utilitarista ed empirista. A differenza di altri libertari, è proprio dall’indagine economico-empirica (e non dalla deduzione di un diritto morale) che Friedman trae conferma del ruolo essenziale che il diritto naturale di proprietà e il principio di non aggressione giocano per realizzare una società di uomini liberi. Prendendo spunto dal celeberrimo slogan di John Fitzgerald Kennedy: “Non chiederti cosa può fare la nazione per te, chiediti cosa puoi fare tu per la nazione”, David Friedman ha coniato il controslogan “Non chiederti cosa può fare lo Stato per te, chiediti che cosa lo Stato ti sta facendo”. Battuta che ben esemplifica le posizioni del nostro autore.

    Al pari di molti altri liberali, anche meno radicali di lui, Friedman parte dalla strenua difesa della proprietà, elemento imprescindibile su cui si fonda la libertà, condannando l’etica di Robin Hood, il cui motto “rubare ai ricchi per dare ai poveri”, pur ispirato da nobili propositi, finisce unicamente per rendere insicuri i diritti di proprietà, e con essi i commerci e tutti gli elementi basilari della convivenza civile. Secondo gli stessi principi, Friedman condanna ogni forma di pauperismo che porta a vedere in chi è ricco la causa dell’altrui povertà. Grazie a un efficiente ordinamento di diritti di proprietà è possibile creare le condizioni affinchè possa diventare più ricco sia chi è lo è già, sia chi è povero, perché l’economia non è un gioco a somma zero in cui uno guadagna soltanto nella misura in cui un altro perde. Anche riguardo alla teoria marxiana dello sfruttamento, Friedman esprime un dissenso assai marcato, sbugiardando le tesi di Marx ed Engels relative a una presunta età dell’oro pre-capitalistica, durante la quale i lavoratori vivevano in condizioni migliori in quanto non venivano sfruttati dal sistema capitalistico fondato sulla proprietà privata.

    L’ingranaggio della libertà muove dalla constatazione che “sembra esserci una stretta correlazione tra le leggi che rendono libera la gente e quelle che la rendono felice”. E sulla base di questo assunto, David Friedman avvia un’analisi concreta di vari settori in cui, con vantaggio di tutti, “sarebbe possibile riappropriarsi degli spazi di autonomia confiscati dalle cricche di politici, legislatori e burocrati che costituiscono le mille membra del Moloch statale”. Scuola, sanità previdenza, giustizia, sistema viario, sicurezza, tutela ambientale, mass-media e tanti altri servizi vengono riprogettati da Friedman sulla base di principi non coercitivi, dimostrando come lo Stato sia la negazione di efficienza e giustizia, le quali non nascono da obblighi, divieti e costrizioni, ma dalla cooperazione di individui liberi e consenzienti.

    Nella terza parte del libro Friedman delinea la differenza tra anarchia e caos. Se il secondo identifica una situazione di disordine totale, l’anarchismo è quella teoria secondo cui lo Stato è indesiderabile sotto ogni forma. Anarchia, quindi non significa caos, ma è bensì un ordine che presuppone il rispetto dei diritti di proprietà sui propri beni e sul proprio corpo, ma non la presenza di un organo avente il monopolio dell’uso della coercizione, come può essere lo Stato. Non sta infatti scritto in cielo che debba essere lo Stato ad assicurare certi servizi, come l’ordine pubblico o la produzione legislativa. Non sta scritto in cielo quale sia l’ambito di occupazione degli imprenditori, né tanto meno quale sia l’ambito in cui lo Stato deve agire in regime di monopolio escludendo gli imprenditori privati, dalla cui azione concorrenziale scaturiscono sempre soluzioni innovative. Come dice H. L. Mencken nella citazione sottostante al capitolo 28 relativo all’anarchia e al governo: “Allora lo stato è utile e necessario? Anche il medico lo è. Ma lo chiameremmo se ogni volta che viene per curarci un mal di pancia o un ronzio alle orecchie si arrogasse il diritto di far razzia dell’argento di famiglia, di usare i nostri spazzolini da denti, e di esercitare le droit de seigneur sulla domestica?”.

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